L’incredibile nuova invenzione di un team di ricercatori della North Carolina State University in grado di muoversi in spazi ridottissimi
Nell’immaginario collettivo la parola robot corrisponde a una specie di umanoide, o meglio a un androide, andro e oide, uomo e forma, quindi tradotto ‘a forma d’uomo’, infatti molti di noi ricorderanno “Caterina” nel celebre film dell’amatissimo Alberto Sordi, creata assemblando pezzi elettronici, in una scocca metallica simil umana, con occhi vitrei e voce metallica.
Ma se risaliamo all’origine del termine robot scopriamo che non ha nulla di “meccanico” e paradossalmente fu usato per la prima volta nel 1920 in un’opera teatrale intitolata Rossum Universal Robots, scritta dallo scrittore, giornalista e drammaturgo Karel Ĉapek. Un dramma utopico fantascientifico in cui, a differenza di come lo intendiamo noi oggi, i robot erano creati con procedimenti chimico/biologici e non meccanico/elettronici.
Dei robot minuscoli
Nella realtà, con i passi da gigante fatti dalla tecnologia negli ultimi anni, la robotica, che si occupa della progettazione, del controllo, ma anche della produzione e dell’utilizzo dei robot, ha raggiunto traguardi inimmaginabili fino a pochi anni fa. Adesso siamo in grado di progettare robot piccolissimi, i cosiddetti millirobot in grado di insinuarsi in spazi angusti, addirittura nel corpo umano. La robotica oggi è una scienza in evoluzione, capace di declinarsi in applicazioni appartenenti a contesti diversi, al punto che è possibile parlare di varie sotto-discipline, tra le quali è difficile porre una netta linea di demarcazione. E infatti tutto questo è possibile grazie all’interazione di diverse scienze, soprattutto l’elettrotecnica, la costruzione meccanica e la matematica, ma anche l’informatica e in particolare del settore di ricerca dell’Intelligenza Artificiale. Argomento molto dibattuto negli ultimi tempi, a causa del timore che sulla scia dell’entusiasmo per i grossi progressi ottenuti in questo campo si possa andare oltre ciò che serve davvero.
Lo studio dell’università americana
E’ proprio con l’obiettivo di rendere utile la loro nuova invenzione che un team di ricercatori della North Carolina State University spiega nel dettaglio il loro studio: “Progettare robot morbidi che riescano a muoversi in diverse direzioni è una sfida notevole nel nostro campo” spiega Yong Zhu, uno degli autori. Questi robot sono strisce piatte di metallo, morbide, capaci di muoversi come un bruco, perché si spostano avanti e indietro, si piegano e si distendono. Sono lunghe 9 cm e sulla loro superficie sono applicati nanofili d’argento che reagendo al calore provocato da un flusso di corrente elettrica riescono a muoversi. Sono costituiti da due strati di polimero che rispondono in modo diverso: lo strato inferiore si restringe o si contrae se esposto al calore, lo strato superiore invece si espande. Il modello include anche più punti guida in cui i ricercatori possono applicare una corrente elettrica che riscalda i nanofili. “Teoricamente, maggiore è la corrente che applichiamo, più velocemente il bruco si muove avanti o indietro”, spiega Shuang Wu, coordinatrice dello studio. “Tuttavia abbiamo visto che esiste un ciclo ottimale che consente al polimero di raffreddarsi, permettendo al “muscolo” di rilassarsi prima di contrarsi nuovamente”. Il loro ridottissimo spessore li rende utili per essere impiegati in spazi ridotti: “Il prossimo passo è integrare dei sensori o altre tecnologie al robot, affinché in futuro possa essere utilizzato in vari campi, come ad esempio in dispositivi di ricerca e soccorso”, conclude Zhu.