Alcuni ricercatori hanno creato un innovativo dispositivo cardiaco che sfrutta lo stesso battito del cuore per ricaricarsi autonomamente
Nonostante i pacemaker consumino una quantità piccolissima di energia per funzionare, prima o poi si scaricano. Questo comporta il notevole disagio per un paziente di doversi recare nuovamente dal chirurgo per un’operazione che lo sostituisca con uno carico, con tutti i rischi di doversi sottoporre ad altri interventi chirurgici.
Settanta al minuto, 4200 all’ora, oltre 36 milioni l’anno, sono i battiti del cuore. Non c’è muscolo in grado di lavorare instancabilmente quanto la pompa cardiaca. La perfezione di un organo che funge da motore instancabile per l’organismo umano e per questo va curato e tenuto il più possibile in ottime condizioni.
Un regolatore di battiti perpetuo
Alcune patologie cardiache oramai si riescono a tenere sotto controllo attraverso delicati interventi chirurgici, che provvedono a impiantare dei piccolissimi congegni capaci di aiutare il cuore a battere in maniera regolare senza sbalzi o aritmie che potrebbero risultare fatali per il paziente. Il pacemaker quindi è un piccolo dispositivo elettrico che viene impiantato nel torace o nell’addome. È usato per trattare le aritmie che possono far battere il cuore troppo lentamente o perdere dei battiti, è grande poco più di una moneta e una volta impiantato sente l’attività elettrica del cuore e produce stimoli elettrici al bisogno. Per funzionare necessita di una piccola batteria e, anche se il consumo della produzione di elettricità necessaria per regolare il battito del cuore è davvero minima, c’è sempre il rischio che prima o poi si esaurisca, costringendo il paziente a tornare sotto i ferri per sostituire lo stimolatore esaurito con uno nuovo.
Il pacemaker che si ricarica da solo
Mediamente questi stimolatori elettrici durano 15 anni e poi vanno sostituiti, ma negli ultimi tempi un team di ricercatori cinesi ha sperimentato il pacemaker che si autoricarica sfruttando gli stessi battiti del cuore. I test sono stati condotti sui maiali, perché il cuore dei suini ha dimensioni simili al nostro e questo dispositivo è strutturato in modo da avvolgere il cuore. Il pacemaker ha corretto l’aritmia del maiale e l’energia che raccoglie è sufficiente per stabilizzare anche i battiti di un cuore umano. Il principio di funzionamento ricorda quello degli orologi ricaricabili da polso. Il prototipo in questione raccoglie l’energia, la immagazzina e, all’occorrenza, la utilizza per generare l’impulso elettrico. La tecnologia che serve è piuttosto avanzata, tanto che la stanno studiando degli ingegneri aerospaziali dell’Università del Michigan di Ann Arbor che stanno pensando di sfruttare le vibrazioni toraciche conseguenti al battito cardiaco. Inoltre, anche realizzare il dispositivo meccanicamente potrebbe non essere così difficile, la parte complicata arriva ora, e cioè tentare di renderlo biocompatibile con il corpo umano.