La pianta del futuro che può crescere ovunque (o quasi). Tutto quello che serve sapere su questo organismo vivente vegetale
Da come tutti ben sappiamo esistono delle piante “estremofile” che prosperano in totale condizioni di stress. Le stesse che tendono ad uccidere la maggior parte delle specie botaniche. Con una importante salinità, acidità o soprattutto aridità del terreno. In merito a questo c’è da segnalare che un gruppo di scienziati di Stanford che ha voluto fare un grande passo in avanti. Ovvero dare la massima conoscenza per la ‘Schrenkiella parvula‘. Molto probabilmente non ne avrete mai sentito parlare. Ve lo spieghiamo noi: si tratta di una piana estremofila che proviene dalla famiglie della senape.
Prospera in condizioni estreme. Proprio come quelle del Lago Salato che si trovano in Turchia. Nel Paese, infatti, la concentrazione di sale è addirittura sei volte superiore a quelle dell’oceano. Uno degli autori di questa ricerca, José Dinneny, ha voluto esprimere un proprio pensiero in merito: “La maggior parte delle piante quando si trova in condizioni di stress produce un ormone che agisce dando un segnale di stop alla crescita. Nel caso della S. parvula, invece, l’ormone agisce al contrario, dando il via libera alla crescita“.
Questa pianta, denominata appunto del futuro, tende a sopravvivere alla siccità. L’obiettivo dei ricercatori è quello di comprendere il meccanismo che la rende così resistente. In modo tale da poter riprodurre altre piante in futuro. Tanto da coltivare specie resistenti a terreni di bassa qualità che, con il passare del tempo, sono stati danneggiati dai cambiamenti climatici. L’obiettivo degli scienziati è quello di poter coltivare piante che tendano a sopravvivere con pochissima acqua a disposizione.
In questo caso, quando le piante sono costrette a vivere in condizioni estreme, producono un ormone che prende il nome di acido abscissico. Produce dei geni specifici che indicano alla pianta come comportarsi. Invece, nel caso della S. Parvula, succede esattamente il contrario. Queste piante non producono solamente cibo, ma anche dei semi oleosi che possono essere utilizzati anche come risorse sostenibili di biocarburanti. Lo stesso Dinneny, conclude in questo modo: “Se non possiamo coltivare cibo si possono sempre coltivare delle piante bioenergetiche“. In questo caso, quindi, andrebbero recuperate e quindi messi a frutto appezzamenti di terreno.
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