Il franchising che impazzava negli Stati Uniti e nel Regno Unito, sta vivendo una situazione paradossale
La società EPizza, che dal 2015 aveva importato in Italia il marchio di pizzeria famoso in tutto il mondo, si è arresa ed è stata avviata la liquidazione giudiziale per la procedura di fallimento. Finisce così il sogno di portare nel nostro paese un modello diverso di pizzerie nel quale avevano investito alcuni tra i figli più importanti dell’industria e della finanza italiana.
Domino’s Pizza è un’impresa di ristorazione internazionale specializzata nella vendita di pizza. Fondata nel 1960 dai fratelli Monaghan in Michigan, oggi è la seconda più grande catena di pizzerie degli Stati Uniti con più di 11 000 pizzerie in oltre 70 paesi nel mondo.
La pizza in Italia è sacra. Una tradizione che fa parte del nostro patrimonio culturale, che abbiamo esportato in tutto il mondo e ovunque hanno provato in tanti modi a replicarne gusto, sapore, fragranza, senza mai riuscirci del tutto. Negli Stati Uniti soprattutto, dove la pizza rappresenta uno dei cibi più apprezzati, vanno molto bene catene di pizzerie soprattutto da asporto, come Domino’s Pizza che dal più di 60 anni serve molti tipi di pizza diversi. Una catena che, grazie al franchising, è riuscita a trovare collocazione in tanti paesi nel mondo, soprattutto nel Regno Unito dove è presente con oltre 1200 punti vendita, e dal 2015, grazie alla società EPizza, che ne aveva acquisito i diritti per il nostro paese, aveva tentato lo sbarco anche da noi. Domino’s Pizza aveva aperto in Italia con il progetto di arrivare a 880 punti vendita nel 2030, ma sono stati al massimo 29, ridotti poi a 27 a inizio 2022. L’azienda aveva provato a imporre alcune pizze dai gusti tipicamente americani, come la Pepperoni pizza, oppure modalità di consegna a domicilio più veloci, con borse termiche per tenere al caldo le pizze ordinate o cartoni che non facessero attaccare la pasta della pizza, ma la nostra tradizione, la tanta concorrenza e la grave crisi causata dal Covid, ha fatto fallire il sogno italiano.
Della fine di Domino’s Pizza in Italia si era cominciato a parlare già da fine estate, ma la notizia era passata quasi inosservata. La chiusura del brand, però, aveva avuto delle ripercussioni immediate tra chi plaudiva alla sua chiusura sostenendo che fosse una sorta di vittoria per le pizzerie artigianali e chi pensava a tutte le persone licenziate. Fatto sta che la procedura fallimentare di tutte le sedi del marchio è stata avviata e il 21 giugno prossimo è prevista la convocazione dei creditori per l’esame dello stato passivo. Un business che aveva coinvolto, puntando sul successo di Domino’s in Italia, alcuni figli importanti di personaggi italiani illustri, come Luigi Berlusconi, figlio di Silvio, Piero Coin, figlio di Vittorio ex proprietario degli omonimi grandi magazzini e Raffaele Vitale, nipote del banchiere Guido Roberto Vitale. Nel 2020 EPizza aveva dichiarato un fatturato di circa 8 milioni di euro a fronte di perdite per 5 milioni e un costo del personale di quasi di 5 milioni. Già alla fine del 2020 la società aveva 10,6 milioni di euro di debiti. L’ultimo bilancio del 2021 recita di un fatturato arrivato a 10,5 milioni di euro, mentre il debito era di circa 20 milioni di euro, di cui 5,3 milioni nei confronti delle banche. Impossibile andare ancora avanti.
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