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Crisi banche mondiali: le italiane non sono più sicure, è allarme tra i consumatori

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Mauro Simoncelli

Con il fallimento dell’americana SVB, dell’elvetica Credit Suisse e l’effetto apprezzabile oggi sull’intero comparto bancario mondiale, è scattato l’allarme tra i correntisti e i consumatori italiani per eventuali ripercussioni sui nostri istituti di credito

Secondo il Fondo Monetario Internazionale i prossimi 5 anni saranno molto difficili. Il FMI ha infatti diramato una comunicazione avvertendo che le sue prospettive di crescita globale, da qui al 2028 almeno, sono le più deboli da oltre 30 anni, esortando le nazioni a evitare la frammentazione economica causata dalle tensioni geopolitiche e ad adottare misure per rafforzare la produttività.

Il fallimento di alcune banche nel mondo ha allarmato i mercati – Notizie.com –

Nelle ultime settimane la crisi di due banche hanno dato origine a turbolenze nei mercati finanziari mondiali. La Silicon Valley Bank, è una banca strategica per collocazione geografica e operativa, soprattutto per le cosiddette Big Tech americane. Mentre la seconda, il Credit Suisse, è uno dei due colossi delle banche d’investimento della Svizzera, con operatività internazionale.

La crisi delle banche mondiali

Inutile girarci intorno, quando nel giro di poche ore sono saltate due banche come Silicon Valley Bank e il Credit Suisse, tutti abbiamo tremato per la sorte anche delle banche italiane, con le pesantissime ripercussioni che potrebbero esserci in caso qualcuna andasse in sofferenza. Diciamo che per ora la situazione resta sotto il livello di guardia e soprattutto sono cambiate alcune regole in questi ultimi anni. Infatti, dopo i salvataggi a carico delle finanze pubbliche, a partire dal 2016 si è deciso di non far pagare ai contribuenti i dissesti causati da operazioni fallimentari di alcuni istituti bancari. La vigilanza dell’Ue e le autorità finanziarie del Vecchio continente hanno norme più stringenti e oggi impongono controlli maggiori.

I fallimenti di banche italiane – Notizie.com

Anche l’Italia ha conosciuto grandi fallimenti di istituti bancari

A partire dal 1892 sono state molte le banche italiane in crisi che sono fallite o che si sono ritrovate costrette a richiedere un aiuto di Stato e quindi ai contribuenti italiani. Crack e fallimenti molto importanti che hanno fatto vacillare l’economia italiana e soprattutto fatto perdere milioni di euro (o miliardi di lire) a investitori e risparmiatori privati. Il motivo di un fallimento di un istituto bancario è sempre lo stesso e tutte le storie di crack bancari nel mondo sono uguali. Vengono prestati soldi a privati o aziende non meritevoli, incapaci poi di restituire quanto dovuto, e quando quei soldi cominciano a non tornare indietro, inizia a intaccarsi la liquidità della banca, si innesca quindi un effetto domino che si conclude sempre o con il fallimento della banca o con un deciso intervento da parte dello Stato, sempre a carico dei contribuenti. Il primo grosso fallimento c’è stato addirittura a cavallo del XIX secolo. Il fallimento della Banca Romana e il relativo scandalo hanno segnato per sempre la storia del comparto bancario italiano. Resterà il primo e purtroppo non l’ultimo scandalo politico-finanziario, e all’epoca anche il più grave dall’Unità d’Italia. Cento anni dopo arrivò il fallimento del Banco Ambrosiano e tutta la vicenda del suo presidente Roberto Calvi, mai del tutto chiarita.

Il crack del Banco Ambrosiano – Notizie.com –

La crisi delle Casse di Risparmio

A inizio anni 90 arrivò la crisi delle cosiddette Casse di Risparmio. Il primo caso fu quello della Cassa di Risparmio di Prato che è passato alla storia perché si è trattato della prima banca italiana salvata dal fallimento grazie ad un bail-out reso possibile attraverso il Fondo Interbancario di tutela dei depositi, appena costituito. Poi, dopo 170 anni di vita, nel 1992 andò improvvisamente in default la Cassa di Risparmio di Venezia e a seguire saltarono varie Casse di Risparmio del sud, tutte a causa dei troppi prestiti concessi a clienti senza le dovute garanzie. Fino ad arrivare al più famoso crack degli ultimi anni, quello del Monte dei Paschi di Siena del 2008. La sua “definizione” finale ha richiesto l’acquisto di 20 miliardi di euro in azioni MPS da parte dello Stato italiano, che ne è diventato socio di maggioranza. Ma a livello giudiziario la questione legata alla crisi del Monte dei Paschi non è ancora da ritenersi conclusa, come anche la ricerca e la condanna dei suoi responsabili.

Mauro Simoncelli

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